Leggiamo spesso statistiche sulle caratteristiche di chi gioca a livello da sviluppare una dipendenza. C’è chi dice che siano più gli uomini che le donne, i ricchi, i poveri, le persone meno istruite, chi abusa di alcool. E poi i minorenni, pensionati e pensionate, imprenditori, casalinghe.
La realtà è che il fenomeno del gioco non ha confini: è una delle uniche dipendenze a colpire in modo indiscriminato tutti i tipi di persone. E’ vero, esistono differenze statistiche, ma la nostra esperienza clinica è composta da tipologie molto variegate di persone.
Possiamo dire che alcuni tipi di gioco, come le slot, generano dipendenza con grande frequenza. E che i giocatori da casinò sono più rari. Ma questo non misura assolutamente l’impatto che il problema può avere sulla persona o sulla famiglia. Sappiamo ad esempio che a Padova esiste un mondo sommerso di giocatori e sale slot che è frequentato in modo del tutto trasversale alle diverse classi sociali, genere e fasce d’età. E che le lotterie istantanee rappresentato una fetta importante di volume di gioco a disposizione facilmente di tutti i cittadini.
Un alto livello socio-culturale non rappresenta di per sé un fattore protettivo in assoluto: per quanto statisticamente meno frequente, esiste un ampio gruppo di giocatori di livello socio-culturale medio alto, che avrebbero tutti gli strumenti culturali per comprendere i meccanismi del gioco d’azzardo ed esserne al riparo. Ma anche loro cadono nella dipendenza. Questo dimostra anche che conoscere non equivale ad essere protetti.
I fattori che entrano in una dipendenza da gioco sono molti, spesso si tratta di una combinazione di momenti di vita, tratti di personalità, emozioni, bisogni inespressi.
Nessuno è al riparo da una dipendenza da gioco.