Storicamente, il concetto di “dipendenza” è stato associato all’assunzione di sostanze psicoattive. Tuttavia, negli ultimi decenni, questo termine è stato sempre più utilizzato per descrivere alcuni comportamenti patologici che si sviluppano in assenza di qualsiasi sostanza. Tra le dipendenze comportamentali si annoverano: la dipendenza da cibo, da sesso, dal lavoro, dalle nuove tecnologie e il gioco d’azzardo patologico.
Il DSM V, affiancando ai Disturbi correlati all’uso di sostanze i Disturbi da Addiction, compie una svolta nella concettualizzazione di tali patologie. Evidenzia che i comportamenti da addiction hanno in comune con le “classiche” dipendenze da sostanze sia il coinvolgimento degli stessi circuiti neurali, sia criteri come la tolleranza, l’astinenza, la tendenza alla recidiva, la centralità del consumo all’interno della vita dell’individuo e le conseguenze emotive.
Una strategia d’intervento che negli ultimi anni si è dimostrata particolarmente efficace nel trattamento del Gioco d’Azzardo Patologico è la Mindfulness. “Mindfulness” significa letteralmente “presenza mentale” o “consapevolezza”; è uno stato mentale in cui la persona sposta intenzionalmente l’attenzione sull’esperienza del momento, consentendole di prendere consapevolezza del presente, sospendendo il giudizio e coltivando un’amorevole gentilezza verso sé stessi, con il fine di liberarsi dalle trappole mentali[1].
Essa viene pensata come un’abilità di coping affettivo poiché aiuta i pazienti a mantenere la distanza dalle loro cognizioni ed emozioni, tramite due processi chiamati decentramento[2] e distanziamento[3]. I pazienti sono guidati dal terapeuta a vivere nel qui ed ora e imparano che le loro cognizioni ed emozioni sono solo eventi mentali, piuttosto che fatti; apprendono anche che ciascun momento è unico e che l’angoscia emotiva provata in un dato momento non implica necessariamente angoscia emotiva in momenti successivi. Le persone vengono incoraggiate ad affrontare i propri pensieri; Jon Kabat-Zinn definisce questo come “porre attenzione in un modo particolare” a sé stessi: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante.
La Mindfulness, come processo, ha lo scopo di migliorare la percezione delle emozioni, riuscire a prendere distanza dalle risposte automatiche e coltivare un’attitudine verso l’accettazione di sé stessi e del mondo; non è perciò improntata a cambiare i contenuti mentali ed emotivi, bensì le reazioni ad essi.
I principali fattori terapeutici promossi dai percorsi mindfulness sono il “non fare”, ovvero il fermarsi e quindi non entrare nelle reazioni automatiche (sia mentali, che comportamentali o somatiche) e la “consapevolezza accettante”, rispetto al flusso di emozioni, sensazioni e cognizioni in cui il soggetto è immerso. A questi due processi base può aggiungersi il “fare consapevole”, ovvero quel piano di azione che può seguire il “non fare”.
L’individuo, accrescendo la capacità di vivere le proprie emozioni ed i propri stati mentali, accettandoli per quello che sono, conoscendoli e riconoscendoli, può creare tra essi e il comportamento di addiction quello spazio necessario per scegliere di non agire, o di agire in modo differente e più funzionale rispetto al proprio benessere.
La Mindfulness porta intenzionalmente consapevolezza alle sensazioni corporee, ai pensieri e alle emozioni coinvolti nel craving. I pazienti acquisiscono abilità a osservarne le caratteristiche come farebbero spettatori esterni, come se appartenessero a qualcun altro. L’effetto atteso è quello di ridurre la durata, l’intensità e l’importanza del desiderio di giocare d’azzardo.
Studi evidence-based hanno dimostrato come la Mindfulness abbia influenza sui processi neuronali legati all’esperienza di craving e sui processi neuroadattativi associati all’addiction: i processi automatici bottom-up di risposta allo stress e alla reattività emozionale, la spinta alla ricerca dello stimolo vengono ad essere ridotti; di contro si incrementerebbero i processi top-down quali quelli della regolazione attentiva e delle emozioni, il controllo cognitivo, la motivazione e il decision making[4].
Durante gli incontri di Mindfulness la persona comprenderà che agisce il comportamento disfunzionale senza consapevolezza; l’automatismo porta a compiere una serie di azioni senza che il giocatore se ne renda conto. La Mindfulness può aiutare a disinnescare il pilota automatico portando la consapevolezza nella vita di tutti i giorni. Il paziente imparerà a riconoscere le esperienze di vita che innescano pensieri, emozioni e comportamenti disfunzionali. I pensieri non sono realtà assolute, essi non sono fatti bensì sono solo delle supposizioni, degli schemi mentali, si è liberi di credere oppure no ad essi. Assieme al paziente saranno analizzati i pensieri che si attivano nel momento in cui si utilizza il gioco in modo incontrollato. La persona apprenderà che non si possono, a volte, controllare alcune emozioni quali ansia, rabbia e tristezza: imparerà quindi che bisogna accettare questi momenti, adottando un’azione più efficace. Il soggetto comprenderà attraverso gli incontri di Mindfulness che fallire significa “ho fallito”, ma “posso farcela”.
La Mindfulness è una pratica che permette di esaminare lo stile di vita del soggetto per comprendere cosa può essere dannoso e ad alto rischio: l’obiettivo è quello di costruire un piano d’azione mirato alla cura del proprio corpo e della propria mente.
In conclusione, la Mindfulness rappresenta una strategia terapeutica promettente nel trattamento delle dipendenze comportamentali, in particolare del Disturbo da Gioco d’Azzardo. Attraverso la pratica della consapevolezza, i pazienti possono sviluppare una maggiore capacità di gestione delle emozioni e dei pensieri disfunzionali, creando uno spazio di riflessione che permette di scegliere comportamenti più funzionali e orientati al benessere. La Mindfulness non mira a cambiare i contenuti mentali ed emotivi, bensì le reazioni ad essi, promuovendo un’attitudine di accettazione e consapevolezza. Pertanto, la Mindfulness si configura come un valido strumento nel percorso di cura delle dipendenze comportamentali, contribuendo al miglioramento della qualità della vita dei pazienti.
[1] Hayes &Smith, 2010 / [2] Hofmann, 2012 / [3] Hayes, 2012 / [4] Witkiewitz, Bowen, Douglas et alt. 2003